Cronologicamente collegata all’origine storica dell’edificio che ospita il museo, costruito nel periodo 1932-33, una vasta collezione di opere e oggetti originali del Ventennio Fascista, incentrati prevalentemente sulle immagini di Benito Mussolini, racconta efficacemente la nascita e sviluppo dell’iconografia del Duce.
Documentando le tappe della costruzione del culto della sua personalità attraverso la pittura e la scultura, ma anche la declinazione popolare e quasi devozionale assunta persino dagli oggetti d’uso, questa sala indaga gli sviluppi del rapporto tra arte e propaganda nell’Italia fascista, e costituisce una risorsa per lo studio diretto di un aspetto a lungo oscurato e ora ampiamente ripreso da storici e storici dell’arte.
La raccolta proviene in gran parte da quella del giornalista Duilio Susmel (Fiume, 1919- Castagno d’Andrea, Firenze, 1984), il quale, già in possesso di opere donategli dal Duce, dopo la guerra aveva iniziato a cercare i cimeli dispersi per custodirli, recuperandoli da edifici pubblici e raccolte private, in quanto li considerava una documentazione importante per il suo progetto di ricostruzione della biografia di Mussolini.
Scampati alla censura e alla distruzione avviata all’indomani della caduta del regime, quando si è cercato di cancellare il peso di un passato politico dai risvolti tragici, gli oggetti e le opere di questa raccolta hanno dunque oggi un significativo valore storico, sia per la loro rarità, sia perché testimoniano efficacemente un periodo ineludibile della cultura e della società italiana.
Disegni, dipinti, sculture, monete sono stati realizzati tra gli anni Venti e gli anni Quaranta da artisti importanti o da anonimi artigiani, che consapevolmente hanno contribuito alla costruzione del consenso per la creazione di un mito, chi con convinta adesione, chi per mera opportunità di lavoro. Ora queste immagini, spesso retoriche ma in non pochi casi anche sorprendentemente graffianti e innovative sul piano stilistico, raccontano e ammoniscono con immediatezza ed efficacia, risvegliando un profondo senso di responsabilità civica nei confronti della storia e della memoria.
Così questa, che in passato fu considerata una “collezione proibita”, induce ad avvicinarsi con sguardo critico e attento, e non manca di rivelare alcune opere di notevole rilevanza sperimentale come quelle di Ernesto Thayaht, Corrado Cagli, Renato Bertelli.